Appunti di cultura gastronomica: il ruolo del mais nella tradizione gastronomica italiana

La storia del mais è molto curiosa, la pluralità degli appellativi con cui il mais è indentificato nella zona europea, n’è la prova lampante.
“Il mais, è un cereale che entra con fatica nei campi italiani. La sua ascesa è molto lenta, molte volte viene contrastata e avversata. Il consumo di granoturco è ritenuto, giustamente, poco energetico rispetto al fabbisogno calorico dei contadini, quali primi e principali consumatori della farina di mais sotto-forma di polenta. Il mais è già seminato con successo a partire dal 1580 a pieno campo, nelle zone umide e paludose della bassa Veronese, del Polesine e del Ferrarese”.  
L’area d’impianto di questa nuova coltura, viene introdotta a Venezia da mercanti e sperimentata presto da qualche possidente della terraferma nelle proprie tenute agricole. Sperimentata nella bassa pianura attraversata dal Po e dell’Adige, che con il loro clima umido era avvantaggiato per questa coltura. 
Un’importante svolta nella storia della coltivazione a pieno campo si ha nel corso dell’ultimo decennio del XVI secolo, sotto l’incalzare della grave  e prolungata carestia che colpì molte regioni d’Italia  e che portò alla morte per la fame di migliaia di persone.
Nel territorio ferrarese il granoturco era coltura facilmente accettata dagli agricoltori e dai contadini per la somiglianza con il sorgo, infatti, l’introduzione del mais nelle terre bagnate dal Po ebbe il carattere di semplice sostituzione.
Per la coltivazione del mais ci sono inizialmente limitazioni di superficie o di quantità di semi che possono essere portati a germinazione in un anno, perché ritenuto come coltura depauperante dei terreni.   
“Dopo la grave crisi del 1628-30 il mais si presenta anche sotto forma di salario e cibo per operai e braccianti. Il granoturco, nella valle padana, compie grandi balzi in avanti, entra nell’alimentazione delle classi rurali grazie al suo alto rendimento proprio durante le crisi di sussistenza e le guerre. 
In seguito incontra altre battute d’arresto con la caduta della domanda di cereali per effetto della depressione demografica”.
La marcia del mais fu tanto più lenta tanto più netta era la percezione dei mezzadri dell’attacco che una sostituzione agricola ad alimentare fondata sul mais muoveva alla loro condizione economica.
 Erano state alcune crisi alimentari ad accelerare la  coltivazione del granoturco a pieno campo. 
Perché all’improvviso la coltura del mais fece un grosso balzo in avanti nel XVIII secolo nell’Emilia-Romagna?
Fu opera delle ricorrenti crisi alimentari del XVII secolo e le carestie di grano del XVIII secolo. Così i mezzadri accettarono di mangiare meno pane di frumento e più polenta per consentire che una quantità maggiore di grano fosse destinata al mercato per ricavarne vantaggi economici.  

“Le tecniche di coltivazione e le cure culturali sono simili a quelle effettuate in precedenza con sorgo e al miglio. Il risultato produttivo è molto più positivo rispetto ad altri cereali grazie anche al fatto che i semi sono riuniti in pannocchie, protetti quindi maggiormente contro le avversità climatiche e meteorologiche.
In Lombardia, il granoturco non fa che accelerare il processo di conversione e di specializzazione foraggiera del sistema agrario. Nel Veneto la diffusione del mais è velocissima e la sua coltivazione entra ben presto nella rotazione agraria, eguagliando in quantità la produzione del frumento”.  
“Nell’emigrazione dall’America all’Europa il mais perse le originarie forme d’utilizzazione alimentare diventando cereale da macinare per ottenere farina da trasformare in polenta mediante cottura in acqua bollente secondo l’uso della tradizione italiana.
Così l’uso della farina di granoturco per fare la polenta rappresentava per le popolazioni contadine italiane l’impiego più pratico e conveniente. Anche nelle mense contadine sostituì il miglio come ingrediente base per la polenta, cibo d’antichissime tradizioni per la popolazione europea. Infatti, prima di apprendere la panificazione, gli antichi latini, facevano largo ricorso alla polenta di cereali. In ogni modo, l’uso di fare polente di miglio era rimasto nelle campagne del medioevo e dell’età moderna e utilizzate come cibo comune e quotidiano, fino all’arrivo del mais. La polenta era un sistema molto semplice e rapido di preparazione di cereali per l’alimentazione.
La polenta di miglio era cibo semplice per popolazioni che facevano del pane di frumento consumo raro e dei giorni di festa.
Nel XIX secolo la polenta di granoturco era cibo quotidiano per milioni di italiani”.  
  Secondo Luigi Messaglia, dopo le prime sporadiche e poco significanti apparizioni, il mais avrebbe avuto una certa diffusione a partire dalla seconda metà del Cinquecento nelle regioni venete. La sua presenza dovette essere in questi anni episodica e soprattutto molto ristretta. I documenti amministrativi dell'ospedale della Misericordia, registrano per la prima volta il mais nel 1620. L'Ente non prende di buon grado la novità , anzi provvede a limitarne la coltivazione.
E’ vero, quando  Massimo Montanari scrive che la fame non necessariamente porta alla morte,  gli uomini hanno grandi capacità di resistenza e di adattamento. Ma è frequente la paura nell’uomo che il cibo finisca o che il prossimo raccolto vada a male, questi  possono essere realtà talmente connaturate alla vita quotidiana da ingenerare profondi scompensi fisiologici e psicologici.  
 Fino alla metà del XVII secolo, i quantitativi prodotti appaiono modesti. La carestia di metà secolo allarga gli interessi dei massari, collocando la coltivazione del mais in costante ascesa, arrivando alla fine del’700 dove le quantità di mais prodotte eguagliano quelle del frumento.  
  L'affermazione del mais nell’assetto agricolo lombardo crea significativi cambiamenti, più o meno evidenti a seconda delle zone e del livello raggiunto dalle esperienze precedenti sul piano dello sviluppo colturale e agrario. Il mais tuttavia, non trasforma radicalmente i modi d’organizzazione della pratica rurale. Trova la sua collocazione e sviluppa il suo ruolo riducendo quello di alcuni prodotti, consentendo l'almpliamento di altri.  
  La classe dirigenziale liberale e successivamente il regime fascista affermarono, che, con il granoturco, il contadino italiano aveva avuto il dono di vivere, anche se poveramente ma certamente di non morire di fame.  


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